Editoria e tecnologie W3C: il punto di incontro

È ormai da qualche anno che il mondo dell’editoria è in fermento, sulla spinta dei potenti colpi inferti dall’innovazione che inevitabilmente il digitale comporta. Credo che siano noti a tutti fenomeni come Amazon o iTunes, e le loro conseguenze su quello che era il mercato.

Nel caso dell’editoria, sembra che la discussione sia focalizzata su un punto a mio parere secondario, ovvero una presunta lotta fra cartaceo e digitale che comporta interminabili discussioni su quale sia il migliore, vantaggi e svantaggi dell’uno o dell’altro, e così via. Qualche volta la discussione è seria e fondata, altre volte assume i toni delle classiche discussioni da bar. È normale che sia così, credo.

Ma il focus della discussione dovrebbe essere sui contenuti: limitandosi a “carta vs. e-book” si identifica il prodotto editoriale come se questo fosse rappresentato esclusivamente dalla sua distribuzione.

Certo, la distribuzione è un momento importante, ma cosa distribuisco se prima non ho creato un adeguato contenuto? Un’altra inutile risma di carta vuota?

E visto che è possibile praticare più vie di distribuzione, come posso realizzare un contenuto che sia adatto ad essere distribuito sia in forma cartacea tradizionale sia in forma elettronica?

In realtà, per quello che riguarda i contenuti, non esiste alcuna necessità di realizzare diverse versioni dello stesso volume, una per ciascuna forma distributiva: dallo stesso file è possibile derivare tutte le varianti desiderate, praticamente tutti i più diffusi programmi utilizzati per impaginare i testi dispongono da tempo delle funzioni necessarie. Però, con grandi problemi di interoperabilità.

Attualmente una risposta a queste esigenze, per esempio, è il diffuso formato PDF. Nato originariamente per rappresentare anche a video la versione a stampa del documento, ora si è trasformato in un formato flessibile e liquido, che può adattarsi alle varie modalità di fruizione: lo stampo, lo leggo a monitor con le funzioni di reflow (non tutti lo sanno, ma un documento PDF – se correttamente realizzato – può adattarsi alle dimensioni della finestra dell’applicazione semplicemente premendo Ctrl+4 ed effettuando un ingrandimento del testo), lo fruisco per mezzo di uno screen reader o tramite il suo lettore a voce alta incorporato. Più che un acrobata sembra un camaleonte.

Su un altro livello si pone la proposta dell’International Digital Publishing Forum (IDPF), il papà (o la mamma?) del formato Epub. In questo caso la soluzione proposta rappresenta un primo approccio dedicato al mondo dell’editoria utilizzando le tecnologie del Web. Epub è un connubio fra tecnologie W3C, utilizzate per delineare la struttura dei contenuti e la loro presentazione, e un modello di gestione dei vari contenuti presenti (immagini, fogli di stile, font, ecc.) in un pacchetto autonomo e distribuibile elettronicamente.

Ma, in entrambi i casi, si tratta di formati fra loro incompatibili, con problemi di fruizione omogenea sull’enorme vastità dei reader hardware e software disponibili. Lo stesso accade con altri formati utilizzati comunemente per la distribuzione per via elettronica: il mobi di Amazon o l’iBook di Apple sono altrettanto incompatibili e/o vincolati alla fruizione su una sola precisa periferica.

Nei panni di un editore, certo non è un momento facile. Non è per nulla semplice definire un work-flow per la produzione dei contenuti che sia interoperabile, standardizzato, trasparente, flessibile, adattabile e accessibile, non soggetto a formati proprietari. Ci sarà qualcosa che mi permette di ottenere questo risultato o è fantascienza?

Però un momento, mi sembra di aver già sentito queste parole, dove?

Ah sì, ma questo è il Web del W3C, l’Open Web Platform (OWP). Gli standard del W3C definiscono quella che viene denominata “Open Web Platform”, una piattaforma tecnologica costituita da tutte quelle magie che ci stanno accompagnando in questa profonda trasformazione sociale e tecnologica causata dal Internet. E che queste tecnologie funzionino, siano efficaci, robuste ed accessibili è sotto i nostri occhi tutti i giorni (e sono già le fondamenta di quello che si può considerare un fenomeno dei tempi più recenti, ovvero il formato epub).

È quindi particolarmente interessante notare come il W3C stia lanciando la propria proposta al mondo dell’editoria, organizzando dei workshop dedicati al mondo del publishing, per raccogliere pareri, ascoltare esperienze, approfondire le problematiche e fare proposte proprio al mondo della stampa cercando di trovare risposte condivise e funzionanti su domande basilari come “What do we need to put into place?“. Come faccio a farcela, potremmo dire noi.

The new publishing“, il titolo del prossimo workshop in programma a Parigi per la metà di settembre.

Qualcuno potrebbe chiedersi “ma che c’entra il W3C coi tipografi?” Partecipate e lo saprete… Un piccolo indizio: avete mai notato la particolare sintassi dei fogli di stile CSS con quelle parentesi graffe? Sapete da dove viene?

Insomma, un programma ghiotto per un editore: personalmente non solo parteciperei, ma chiederei a gran voce di arrivare a una soluzione il più presto possibile, facendo finta di non sapere che non si tratta di qualcosa da inventare da zero (soluzioni commerciali di elevato livello che utilizzano le tecnologie W3C per l’editoria ne esistono già da tempo) ma soltanto di rendere evidente e condiviso un approccio alla realizzazione dei contenuti già in opera e di enorme successo come quello rappresentato con evidenza dal sistema editoriale del Web.

Invece, come lettore, farei il tifo per poter finalmente disporre di contenuti leggibili ovunque, su qualsiasi periferica, nativamente accessibili e standard, e sarei ben contento di poter acquistare libri elettronici fatti così.

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Livio Mondini

La mia esperienza informatica inizia tanto tempo fa, c'era una volta Windows per il 386, Pagemaker 1.03, il DTP, il Mac costava troppo. La mia prima realizzazione editoriale è stata un volume sul Commodore 64, con Word 3 che sulla mia Apple LaserWriter non gestiva le lettere accentate. Un delirio. Da allora è passato tantissimo tempo, in tempo informatico un'eternità, e anche io sono cambiato. Da almeno dieci anni mi occupo di didattica, per strutture commerciali e no profit. I libri, di carta ed elettronici, vengono come naturale evoluzione: non trovavo documentazione adatta, e ho cominciato a produrre i manuali dei corsi autonomamente. Dopo un periodo nell'assistenza tecnica per le reti (sono certificato Apple e Novell), ho deciso di tornare a occuparmi principalmente di libri, e ho realizzato le versioni italiane di numerosi manuali, soprattutto riguardo il Web e gli strumenti che gli competono. Da qui al cross media il salto è breve, e l'accessibilità una scelta di progetto e di vita, senza limitarsi al Web.

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