Penso che tutti conosciate il W3C e la sua attività di sviluppo e di divulgazione degli standard del Web, così come credo sia risaputa l’esistenza del WAI e delle WCAG.
Dico così perché, oggi come oggi, molti… troppi hanno l’usanza di mettere un riferimento alle WCAG nel proprio sito, o di spacciarsi per membri del WCAG, credendo che questo possa buttare un po’ di fumo negli occhi… riflettevo con Maurizio Boscarol (esperto di usabilità – http://www.usabile.it) su questi approcci perversi di chi fa marketing senza scrupoli, col solo scopo di prendere la gente “per i fondelli”, e li confrontavo con la forma mentis di coloro i quali hanno a cuore che l’utente sia correttamente informato e non debba difendersi da chi crea un sito web… utopia??? No, certo che no… persone oneste e competenti ce ne sono e, dopo tutto, gli improvvisati e i ”fanfaroni” di turno servono anche a “dare il giusto valore” a chi fa con correttezza e serietà il proprio mestiere.
Ma forse sto divagando… gli standard, torniamo a loro: beh, sull’opportunità di creare siti alternativi, le WCAG 1.0 sono chiare ed inequivocabili: una pagina alternativa, come chiaramente è definito dal W3C nelle WCAG 1.0 punto di controllo 11.4 deve essere sviluppato solamente nella seguente eventualità: “Se, nonostante ogni sforzo, non si può creare una pagina accessibile, fornire un collegamento a una pagina alternativa che usi le tecnologie W3C, sia accessibile, contenga informazioni (e funzionalità) equivalenti, e sia aggiornata con la stessa frequenza della pagina (originale) inaccessibile.”
E’ certamente il caso di commentarlo brevemente:
- Si parla di pagina non di sito
- “Nonostante ogni sforzo”… dobbiam quindi credere che chi ha sviluppato i siti del tipo wai.xxxx.it non è in grado di sviluppare pagine accessibili? A questo punto, che siano depennati dagli albi fornitori delle P.A.! Non dimentichiamo che fra poco sarà obbligatorio per loro creare siti accessibili o rendere tali quelli esistenti. Seppure si trattasse di una scelta di progetto, sarebbe comunque una scelta che porta il sito o l’applicazione fuori dagli standard.
- Si parla di pagina alternativa “che usi le tecnologie W3C, sia accessibile, contenga informazioni (e funzionalità) e equivalenti”
- Si parla di aggiornabilità della pagina (non del sito)
Riassumendo, è come se il W3C volesse dire: il sito alternativo è sviluppato da persone che nonostante ogni loro sforzo di applicare le linee guida non sono stati capaci – magari per loro incompetenza o per vincoli di progetto - di creare un sito accessibile ed hanno ripiegato su una versione solo testo ad alto contrasto per accontentare una fetta del mercato degli utenti con disabilità (in questo caso, limitata alla disabilità visiva).
Quindi chi nonostante tutto decide di creare la “porta di servizio” (con tutti i limiti che abbiamo già descritto) non può dirsi in linea con gli standard del Web, non potrà dire che sta seguendo le WCAG! Lo ripeto ancora: l’accessibilità è ben altro!
Non che con questo si vogliano porre limiti a chi ha in animo di progettare un sito web di qualsiasi tipologia, chiunque è libero di creare ciò che crede opportuno e produttivo… ma se si decide di percorrere un sentiero “non consigliato” e non previsto dagli standard esistenti, bisogna avere la coerenza di non volersi fregiarsi di quegli stessi standard, usandoli come specchietto per le allodole.