Più cerco di seguire i workgroup del W3C addentrandomi nelle tematiche dell’accessibilità e più mi pongo domande. Ho potuto cominciare ad occuparmene grazie all’interesse e alla sensibilità della dirigenza dell’Istituto David Chiossone di Genova che, intuendo da subito la ricaduta sociale delle tecnologie informatiche per migliorare l’autonomia dei disabili, in particolare i disabili visivi, ha deciso di portare avanti un lavoro di sensibilizzazione sul tema.
Arrivati a questo punto non sono le “questioni tecniche” a preoccuparmi; la tecnologia e l’informatica si evolvono rapidamente, ed il W3C con la sua autorevolezza ha tracciato linee di riferimento per tutti gli sviluppatori; insomma chi si occupa di sviluppo per il web non soltanto ne conosce l’importanza e la necessità, ma ha anche strumenti software, standard di riferimento continuamente aggiornati, e specifiche tecniche dettagliate per lavorare a produrre siti accessibili.
Con questo non voglio dire che sia facile realizzare servizi web accessibili a tutti, o che sia sempre possibile, ma gli addetti ai lavori sanno come comportarsi e possono scegliere di farlo, in varia misura, in base alle situazioni.
La domanda che mi sorge è questa: un webmaster sa davvero che cosa significa non-accessibilità di un sito? E’ importante, per gli sviluppatori, avere un riscontro vero, per comprendere e condividere almeno in parte le difficoltà reali degli utilizzatori che non dispongono di tutte le risorse fisiche, psichiche, sensoriali o tecnologiche per navigare.
Dell’accessibilità, parlano molto sia gli esperti che i diretti interessati, e molto anche viene fatto in concreto. Ma la massa di cittadini del web, quanto ne sa? E quanto importa ai comuni navigatori dell’argomento?